Nuova Delhi, la Formula 1 a un passo dalle baracche. L’altra faccia dell’India
martedì 1 novembre 2011 · Fuori tema
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Il Paese di Gandhi, il secondo più popolato al mondo, quello del mezzo fuso orario, quello che ha espropriato le terre a contadini già poveri e le ha vendute alla Formula 1. L’autodromo di Jaypee oggi costringe le bambine di una scuola femminile a una deviazione di nove chilometri, è una cattedrale nel deserto a un passo dalle baracche.
Nel nuovo millennio il circo dei motori cerca le metropoli del boom economico. Il Gran Premio è una festa troppo grande che il governo non poteva perdersi. Perché “la Formula 1 – dice Vijay Mallya di Force India – è sempre stata ritenuta uno sport costoso. Sembrava che il Paese non se lo potesse permettere”.
Ce l’ha fatta tra tasse e burocrazia a rilento. E a livello promozionale ha lavorato meglio di Turchia e Corea. Monisha Kaltenborn, che di origine è indiana e dal 2010 è amministratore delegato della Sauber, venerdì in conferenza stampa spiegava: “Sono positivamente sorpresa dal modo in cui i media locali stanno coprendo l’evento. Forniscono informazioni sullo sport, sulle regole, sugli aspetti tecnici. È qualcosa di unico”.
L’ha notato anche Laurence Edmondson di ESPN: “Il successo di questo progetto passa attraverso la campagna pubblicitaria. A Delhi è impossibile sfuggire a tutta la promozione che stanno facendo. Il che è solo positivo”. Ma l’accesso al circuito resta proibitivo. Per vedere la corsa si pagava l’equivalente di un mese di stipendio: in India il salario medio è di un dollaro e mezzo al giorno.
È l’altra faccia dell’India, quella vera. Quella che scavalca lo sfarzo della pista più costosa dell’Asia – 450 milioni di dollari – e che sconcerta anche i piloti: “Quando vieni qua per la prima volta – dice Button – capisci qual è la differenza tra chi è ricco e chi è povero”. È un bagno d’umiltà. Nota Vettel: “Torni coi piedi per terra, apprezzi tutto quello che hai sempre dato per scontato”.
Anche dentro i confini dell’autodromo, anche dentro quell’enclave in cui la Formula 1 vive di sogni e prosperità, qualcosa s’è inceppato. Giovedì due black-out, venerdì l’incursione di un cane randagio che ha scavalcato le reti di protezione e si è messo a gironzolare sulla pista. Ha detto Senna: “Quel cane l’ho visto all’ingresso del paddock quando sono arrivato. È la prova che non ci ha badato nessuno”.