Red Bull, uno scrigno di idee: “cuoce” i freni per scaldare le gomme
mercoledì 12 ottobre 2011 · Tecnica
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Per le leggi della fisica l’aderenza delle gomme sull’asfalto diminuisce se il battistrada non lavora alla temperatura ideale, che per le mescole da Formula 1 vale circa 100 gradi. Perciò da trent’anni per scaldare i pneumatici esistono le termocoperte. Ma evidentemente a qualcuno non bastano.
Nel 2005 la Toyota in Canada aveva introdotto una procedura per riscaldare l’interno del cerchione. Poi la FIA l’ha messa al bando prima che gli altri cominciassero a copiarla.
Quest’anno in Belgio la Red Bull se n’è venuta fuori con un’idea diversa, però l’obiettivo è sempre quello: andare in pista con le gomme a temperatura già prossima a quella di esercizio.
A termini di regolamento il sistema della Red Bull non è illecito, perché agisce sui freni anziché direttamente sulla gomma. L’aveva provato già la Williams: si impiega un cilindretto di alluminio, praticamente una specie di coperchio che viene preriscaldato e calettato sul portamozzo in parallelo al disco del freno quando la macchina sta nel box e le gomme non sono ancora montate.
È un’operazione che resta impraticabile ai pit-stop. Però è validissima prima di ogni run di qualifica, perché una volta rimosso il tamburo d’alluminio, il gruppo meccanico costituito dalle pinze dei freni e dagli ammortizzatori si trova approssimativamente alla stessa temperatura del pneumatico che esce dalla termocoperta. Quindi la potenza termica sottratta per conduzione alla mescola è minima.
Rispetto a chi adopera esclusivamente le termocoperte come s’è sempre fatto, nel giro di lancio è accelerato il processo naturale di completamento del riscaldamento del battistrada ad opera dell’attrito con l’asfalto. E l’aderenza arriva subito.