Monza, l’illusione delle marce corte e l’ultima lezione tecnica di Adrian Newey
lunedì 12 settembre 2011 · Tecnica
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A Spa l’eccesso di camber, a Monza i rapporti del cambio con un set-up specifico per la qualifica. La Red Bull che vince e che domina, un tema tecnico riesce sempre a proporlo: scelte di assetto che sembrano azzardi e illudono la concorrenza e che poi puntualmente in gara funzionano.
Ferrari e McLaren sabato pomeriggio dopo la pole di Vettel si sono rincuorate quando hanno letto i riscontri dello speed-trap della prima variante: 327.7 km/h per Seb contro 342.2 di Alonso (che però aveva preso la scia di Massa), 336.1 di Webber, 333.1 di Button e 332.7 di Hamilton. E Vettel arrivava più lento già al rilevamento sul traguardo, malgrado l’uso libero dell’ala mobile.
Notava Ross Brawn: “La Red Bull è regolata per fare il tempo sul giro, non per le velocità di punta”. Domenica mattina si è saputo che per Monza la RB6 aveva un rapporto più corto per la settima marcia e che la scelta riguardava solamente Vettel, mentre Webber era in linea con gli altri. Button ha detto: “Se riusciamo a scavalcarlo, per Sebastian è difficile recuperare nei sorpassi”.
A passare Vettel invece ci ha pensato Alonso. Però la Red Bull non ci ha messo molto per recuperare la posizione. E Vettel il sorpasso a danno della Ferrari non l’ha messo a segno in staccata dove conta il picco di velocità, ma in curva all’esterno della Biassono. Perché Newey a Monza ha dato un’altra lezione tecnica a tutti: basare la prestazione sulla deportanza anche su una pista dove in teoria le ali vanno scaricate.
Nel paddock c’era Enrique Scalabroni e Rai Sport non se l’è fatto sfuggire: “A Monza il segreto è controllare il retrotreno”. È una vecchia regola: se la macchina è troppo scarica scivola di più e si scompone in frenata. “Invece se guadagni 3 decimi in ingresso di chicane è difficile che li perdi da qualche altra parte”.
Ma era un assetto che non poteva impiegare chiunque perché le scelte tecniche si intrecciano: “Il lavoro sulla Red Bull è completo. Col camber giusto hanno generato un grip maggiore nelle gomme e hanno cambiato l’impronta a terra, quindi hanno beneficiato anche di temperature diverse. Questa gente sa lavorare”.