Circuiti in guerra contro i motori V6, il pretesto per ottenere più soldi da Ecclestone
sabato 2 luglio 2011 · Politica
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Sei cilindri fanno meno rumore di otto e portano meno pubblico. L’aveva già detto Ecclestone: “La gente è affascinata dal rumore dei motori. Non dobbiamo perdere questo appeal”. Adesso lo dicono anche i promotori dei Gran Premi che fanno fronte compatto per la prima volta in 60 anni.
L’intenzione è di scindere i contratti con la Formula 1 a partire dal 2014, con l’entrata in vigore delle nuove norme sui propulsori ecocompatibili. Sul piede di guerra 17 piste su 19. Si chiamano fuori dalla protesta soltanto Cina e Corea.
Intermediario con la FIA è Ron Walker, che organizza il Gran Premio d’Australia. Avverte: se non si trova un accordo, si passa a far correre l’Indy Car. “Tanto a 100 metri di distanza è difficile distinguere una macchina di quella categoria da una Formula 1. La gente l’apprezza lo stesso”. Ma soprattutto: “Ospitare l’Indy Car costa meno”.
Già, i costi. Perché quello dei motori alla fine è un pretesto e i circuiti adesso chiedono più soldi. Anzi: chiedono i soldi che non hanno mai percepito.
Secondo Formula Money ogni anno 568 milioni di dollari finiscono nelle casse delle società di Ecclestone sotto forma di retta per l’adesione al calendario del campionato del mondo. Praticamente le piste sono la fonte principale d’introito per Bernie, ma a parte l’incasso dei biglietti non ricevono i profitti del business che ruota intorno al circus. Perfino le sponsorizzazioni sul tracciato sono gestite all’esterno, da Delta Topco che comunque fa capo a CVC.
Le squadre invece dal 2009 in base ai nuovi termini della Concordia prendono da Ecclestone il 50 percento delle quote che derivano dalla vendita dei diritti commerciali. Ma a differenza dei promoter non versano neanche un soldo a Bernie perché la tassa d’iscrizione al Mondiale viene corrisposta alla FIA.
Perciò più che convincere Ecclestone a riformulare i criteri di suddivisione dei fondi, i circuiti puntano a spartirsi con le squadre quel 50 percento che Bernie gli assegna ogni anno. E che comunque i team già considerano insufficiente.