Strategie adattive, cosa manca alla Ferrari… e fa vincere gli altri
martedì 19 aprile 2011 · Dal paddock
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Si dibatte di tattiche, dopo il Gran Premio di Cina controllato dal degrado delle gomme. Sul tema delle strategie, Stefano Domenicali in Malesia si era espresso così: “Da un punto di vista tattico a Sepang è stata positiva perché le scelte fatte si sono dimostrate corrette”. A Shanghai invece si sono dimostrate un fiasco.
Massa l’aveva ammesso. Poi la Scuderia nel comunicato stampa ha corretto il tiro e ha scritto che Felipe “dopo aver analizzato più nel dettaglio la situazione” si è convinto del fatto che “in termini di posizioni nell’ordine d’arrivo, la differenza fra le due strategie non sarebbe stata molta“.
Si ostinano a Maranello a promulgare la teoria che il muretto non sbaglia. O perlomeno non sbaglia quanto gli avversari. A gennaio sempre Domenicali su Autosprint aveva raccontato che nel 2010 Mercedes, McLaren e Red Bull avevano fatto peggio “in termini di quantità di errori”.
Quello che dicono le analisi però è che al Cavallino, oltre alla prestazione pura, ancora manca – rimpasto dopo rimpasto – l’elasticità mentale di adattare le tattiche di gara in funzione degli alti e bassi della corsa.
Come invece ha fatto la McLaren a Shanghai per salvare la gara di Lewis Hamilton. Phil Prew, che coordina gli ingegneri di pista nel team di Woking, rivela: “L’intenzione che avevamo noi come anche altre squadre, era di fare due soste, una strategia che poi abbiamo adattato a tre quando ci siamo accorti che il degrado delle gomme cominciava a essere significativo“.
Anche il ritmo delle Ferrari è calato a due terzi di gara per effetto del “drop-off” fisiologico delle Pirelli. Ma le rosse sono rimaste in pista e lì Massa si è giocato il podio. Con una sosta in meno per eccesso di presunzione, quando invece in Australia il muretto ne aveva imposta una in più per eccesso di cautela.