PHOTO CREDIT · Xpb
Abu Dhabi, non solo strategia: tutti i punti deboli della Ferrari nella debacle dell’ultima corsa
martedì 16 novembre 2010 · Gran Premi
tempo di lettura: 2 minuti
Aziendalista fino in fondo, Alonso difende la chiamata al pit-stop: “Dopo la corsa è sempre facile dire qual è la strategia giusta. Se non ci fossimo fermati, Webber ci avrebbe passato”. Qua il discorso tattico si intreccia con il discorso tecnico, perché la Ferrari s’è impressionata quando ha visto gli intertempi di Webber su gomme dure.
Nando perciò mantiene le morbide solo per 15 giri, gli altri dimostrano che se ne potevano fare di più, Hamilton ne fa 23, Vettel 25, Button addirittura 40, quasi quattro quinti di gara.
La Ferrari veniva da quattro ore di prove libere spese a fare esperimenti sull’assetto: “Abbiamo cambiato più volte il set-up – diceva Alonso venerdì – e abbiamo provato con diversi livelli di carico aerodinamico”. Routine? Più o meno. Però Fernando voleva l’ala più scarica e il team per qualche ragione era orientato sull’assetto da alto carico.
Cambia e scambia, quella fiducia sulle gomme non è maturata: “In gara – aggiunge Alonso – ho avuto troppo graining con le morbide, ma pure con le dure perché finisci per distruggere i pneumatici a furia di stare dietro a un’altra macchina”. Nel caso, la Renault di Vitaly Petrov: allo speed trap Alonso transitava a 314 chilometri orari, Petrov ne aveva 316.9. E usavano entrambi il sistema f-duct: “La Renault aveva ottimi valori di velocità di punta. Rimanere dietro è stato frustrante”. Perciò via radio Andrea Stella diceva a Fernando: “So che stai facendo del tuo meglio, non mollare”.
Nel giro d’onore Alonso si lascia andare alla rabbia e alza il pugno all’indirizzo di Petrov: “S’è difeso come se fossimo in lotta tutti e due per il Mondiale, è stato molto aggressivo”. L’altro risponde: “Se lui avesse provato il sorpasso, io non mi sarei preso rischi”.
Alonso si fa vedere una volta sola e arriva lungo alla staccata. Ma c’erano da passare anche Kubica e Rosberg. Proibitivo, tenendo presente che la Ferrari a Yas Island, come si dice in gergo, non ce ne aveva.