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Il braccio violento delle favelas: agguato a Jenson Button a Interlagos. L’ipotesi: tentato sequestro

lunedì 8 novembre 2010 · Fuori tema
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Paese che vai, usanze che trovi. La Formula 1 passa dalle case di piacere di Mokpo al sottostrato criminale di San Paolo. Lo chiamano il braccio violento delle favelas. Jenson Button lo ammette: “Sono anni che quando veniamo in Brasile sentiamo queste cose. Finché non ci finisci dentro non capisci che significa”.

Button è in auto, torna in albergo sabato sera dopo le qualifiche quando subisce l’aggressione a mano armata da parte di sei uomini. In macchina con lui ci sono suo padre, il suo manager e il suo fisioterapista: “E meno male che non c’era la mia ragazza perché sarebbe rimasta terrorizzata”.

Scene da film d’azione: l’autista si fa largo nel traffico a colpi di sportellate. Button dice: “È stato leggendario”. La McLaren spiega: “Per Jenson e per Lewis (Hamilton) avevamo messo a disposizione delle auto blindate affidate ad agenti di polizia armati e addestrati”.

Perché a Interlagos, gli episodi di micro criminalità la Formula 1 è abituata a subirli. Furono aggrediti i meccanici della Williams nel 2001, quelli della Toyota l’anno dopo. Domenica una rapina l’hanno subita anche gli ingegneri della Sauber.

Quanto a Button, la polizia non esclude nessuna ipotesi. Nemmeno il tentato sequestro. Ne parla anche Jackie Stewart: “Sono voci che ho sentito. Rapiscono la gente che è collegata in qualche modo alle multinazionali più ricche. Nel caso di Button significa Vodafone e Mobil”.

A San Paolo dopo il boom industriale degli anni Settanta ci vivono in 11 milioni su una superficie di 1500 chilometri quadrati. Con disuguaglianze sociali spaventose. Si conta una pistola ogni 75 abitanti. E il 95% delle armi è detenuto illegalmente. Patrick Head osserva: “Interlagos è anche posizionato male perché non sta nella parte più prospera della città”.

Bernie Ecclestone ne spara un’altra delle sue: “Questi (banditi) cercano gente che non dà l’impressione di essere tanto lucida. Forse guardano la televisione, vedono uno che non si è qualificato fra i primi dieci e pensano che sia un po’ stupido, perché altrimenti si sarebbe qualificato meglio. Vedete dov’era Button”. Era undicesimo, ndr. “Bene, vi ho esposto il caso”.

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