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Nel 1990 l’incidente agghiacciante di Martin Donnelly a Jerez: “Potevo essere prima guida”
martedì 28 settembre 2010 · Amarcord
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Uno dei primi a vedere i rottami è Derek Warwick: “Niente può salvarti da un incidente come quello”. È il 28 settembre 1990, la scena a Jerez de la Frontera è agghiacciante, a otto minuti dalla fine delle prove libere, in mezzo alla pista giace Martin Donnelly, senza sensi, sbalzato dall’abitacolo della Lotus, ancora allacciato al sedile.
La macchina è tranciata in due, il posteriore è finito a 20 metri dal punto dell’impatto con le barriere, altri 20 metri più in là c’è il corpo di Martin, “aggrovigliato – scriverà Joe Saward – come una bambola di pezza”.
Felix Muelas all’epoca fa il commissario di pista. Quel giorno decide di smettere: “E non me ne sono mai pentito. Non è perché non fossi consapevole dei rischi, ci avevo vissuto per anni. Ma prima di allora avevo sempre avuto l’impressione che all’occorrenza si potesse dare una mano. Non quel giorno. Ero paralizzato di fronte a quello che credevo fosse l’ultimo istante di vita di Donnelly, mi sentivo stupido a non sapere che fare”.
Donnelly ha le gambe fratturate, il casco lesionato, ha perso parecchio sangue: “Ma evidentemente – dirà Warwick – Dio deve avergli sorriso”.
Ci metterà due anni per riprendere a camminare, quasi 15 per tornare al volante. Oggi segue i giovani per Comtec Racing e gareggia nel trofeo Lotus Elise.
A gennaio F1Fanatic l’ha incontrato all’Autosport International di Birmingham: “Prima dell’incidente avevo firmato un’opzione per il 1991. Dovevo essere il numero uno in squadra, Mika Hakkinen il numero due. Ma non siamo mai andati così lontano”.