Piquet, Mosley, Ecclestone e “Mr. X”: così hanno stroncato Briatore
mercoledì 23 settembre 2009 · Dal paddock
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Esce di scena nel modo più inglorioso, cacciato dal paddock, radiato dalla Formula 1, interdetto dall’attività di manager, allontanato dalla squadra che con lui e grazie a lui ha vinto i titoli mondiali. Flavio Briatore paga per tutti, non commenta la sentenza, non era nemmeno in aula a provare a difendersi.
Sa tanto di regolamento di conti fra vecchi nemici, una vendetta che Max Mosley voleva consumare prima di lasciare la poltrona di Place de la Concorde.
I punti oscuri sono tanti, i giochi di potere si sovrappongono e non si spiega, per esempio, la posizione di Charlie Whiting che – rivela Piquet senior – viene avvertito già a novembre del 2008: “Gli chiesi cosa poteva succedere se tiravo fuori questa storia. Mi disse che non lo sapeva, ma che i dubbi li avevano anche altri”.
Però nessuno si muove per indagare. Finché in Ungheria papà Piquet non ne parla direttamente a Bernie Ecclestone: “Gli domandai cosa dovevo fare. Mi disse di non raccontarlo alla stampa. Mi rispose, fottilo”. Briatore, ovviamente.
Perché anche Bernie, esattamente come Mosley, nel frattempo ha maturato ragioni a sufficienza per chiedere la testa di Flavio, per l’intransigenza della Fota sui regolamenti tecnici e sul Patto della Concordia.
E così va a finire che Mosley si ritrova nella buca delle lettere la testimonianza scritta e spontanea di Nelsinho, nero su bianco, dopo un anno di omertà, dopo la rabbia per il volante che Briatore gli ha strappato di mano a Budapest per fare spazio a Romain Grosjean.
Ma anche qui i conti non tornano, perché Piquet junior scrive che le prove stanno nelle registrazioni radio e che “più volte” lui chiedeva conferma prima di spiaccicarsi contro il muro. Invece dalle trascrizioni non risulta un bel niente. Sono altre le prove che convincono il Consiglio Mondiale: la telemetria e, soprattutto, l’esito dell’indagine interna che la Renault avrebbe condotto all’insaputa di Briatore per smascherarlo.
C’è un teste chiave, una persona del team che a Singapore “fu avvertita da Symonds in presenza di Briatore e si oppose alla cospirazione”. Gli avvocati della FIA lo mantengono nell’anonimato, lo hanno ascoltato il 17 settembre. Sollevandolo da ogni responsabilità.
I dubbi restano. I sospetti anche. Se non altro per la tempistica di esplosione di uno scandalo che si poteva chiarire nel 2008 e che invece è rimasto sepolto in attesa che spuntasse un motivo valido di vendetta.