Respinto il ricorso contro le regole di Mosley: la Ferrari perde potere
giovedì 21 maggio 2009 · Politica
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Mentre a Monte-Carlo si scaldano i motori, sotto il naso di Stefano Domenicali sfilano più carte bollate che diagrammi tecnici. La Ferrari il round più importante della settimana l’ha perso mercoledì: il ricorso contro le regole del 2010, “elaborate unilateralmente senza rispettare le procedure concordate”, per il Tribunale delle Grandi Istanze di Parigi non sta in piedi.
Era una questione privata fra la Ferrari e la Federazione: la Scuderia sui cambi di regolamento rivendicava il diritto di veto concesso nel 2005 su spinta di Bernie Ecclestone per evitare la fuga del Cavallino dalla Formula 1.
Però Mosley non ha mai avuto dubbi: la battaglia in tribunale l’avrebbe vinta lui. Perché nel 2008 “con la FOTA, anziché dimostrare fedeltà alla FIA, la Ferrari si è negata il diritto di veto”.
In realtà, secondo Jacques Gondrand de Robert, che ha esaminato la vertenza al Tribunale di Parigi, il diritto di veto vale eccome. Solo che Maranello avrebbe dovuto esercitarlo il 17 marzo o il 29 aprile, cioè nelle sedute del Consiglio Mondiale.
La sostanza non cambia: la Ferrari la causa l’ha persa e non ha più il potere politico dei tempi di Todt. Che si procurava i diritti di veto e soprattutto si ricordava anche di esercitarli.
Per contro, chi si rafforza è Mosley che apprende il verdetto e affonda il coltello. La Ferrari non si iscrive nel 2010? Non è un dramma: “Se le squadre scelgono di non partecipare – dice Mosley – devono decidere in fretta come regolarsi, se iniziare a correre in una serie parallela, se correre altrove o se mollare del tutto. Se chiudono, avranno problemi più seri che col budget-cap, perché bisognerà decidere cosa fare di tutto il personale coinvolto”.
Il tono della polemica è alto. Al punto che prima ancora di conoscere la sentenza, il sito del Cavallino citava i nomi delle squadre accreditate per un ingresso in Formula 1, “Wirth Research, Lola, USF1, Epsilon Euskadi, RML, Formtech, Campos, iSport”, per poi aggiungere: “Si fa fatica a trovare un nome degno di nota, uno di quelli per cui andare a spendere 400 euro a testa per un biglietto in tribuna per un Gran Premio, più spese di viaggio e soggiorno”.
Massa sbuffa: “Vorrei che ci fosse meno politica e più sport”. E non ha tutti i torti.