Indomito combattente e furbetto insolente: il lato oscuro di Lewis Hamilton
venerdì 3 aprile 2009 · Dal paddock
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Se in borsa si quotassero le azioni di Lewis Hamilton, adesso sarebbero sospese per eccesso di ribasso. Le ragioni della squalifica di Melbourne producono un’immagine martoriata del campione del mondo: i media lo affossano, lui accusa il colpo e prova a difendersi in conferenza stampa straordinaria per schivare altre sanzioni.
Il paddock ormai l’ha inquadrato: Hamilton ha due anime, da una parte indomito combattente, dall’altra furbetto insolente con una lunga serie di precedenti che non depongono a suo favore.
L’impressione è che la FIA avesse parecchi conti in sospeso. Con lui e soprattutto col team. Lo sottolinea anche Alonso che ne approfitta per togliersi un sassolino dalla scarpa: “Alla McLaren sono abituati a mentire ai commissari. Prima o poi li avrebbero presi e puniti”.
Menzogne a oltranza, anche di fronte all’evidenza dei fatti, poi scuse tardive. Come fece Ron Dennis nella spy-story.
Fa presto Lewis a scaricare tutta la responsabilità su Dave Ryan, che perde il posto dopo 35 anni di onorata carriera a Woking: “Sono giocatore in una squadra – dice Hamilton – non sono un bugiardo. Il mio team manager mi aveva ordinato di nascondere quelle informazioni ed è quello che ho fatto”.
Troppo facile. Perché ai campioni si chiede dignità sportiva e onestà intellettuale, quelle che a Lewis ancora mancano, malgrado due anni in Formula 1, un Titolo Mondiale e 9 successi.