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Hamilton, il titolo in fumo fra stress e tensioni. Il papà: “Nessun rammarico”

lunedì 22 ottobre 2007 · Gran Premi
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La temperatura sale, il nervosismo pure. Briatore dispensa oracoli ai giornalisti: “Quando ne sbagli due, tre di fila così e non segni, poi va a finire che ti segna l’avversario”. Parla di Lewis Hamilton, del match-ball che ha sprecato a Shanghai e che l’ha messo sotto pressione in Brasile.

Non è un week-end facile, questo Hamilton lo capisce venerdì: sotto la pioggia sfrutta due treni di extreme-wet, quando il regolamento precisa che nelle prove ne è concesso solo uno. Guai in vista, lui non ha colpa, ma non aveva colpa nemmeno Ralf Schumacher a Monaco nel 2005 e scontò mezzo secondo di penalità sul tempo di qualifica perché Michelin non gli aveva marcato un pneumatico nelle libere.

Qua Hamilton se la cava con 15 mila euro di multa, ma si insinua il dubbio che la FIA stia chiudendo un occhio per non rovinagli la festa. Così, nelle interviste di sabato sera Anne Giuntini dell’Equipe gliene canta quattro, gli chiede soprattutto di quello che è sembrato un tentativo di ostruzione verso Raikkonen, un passettino verso il centro della pista all’uscita dei box, nel finale delle qualifiche. Ron Dennis s’intromette, si infuria, sputa minacce.

Alla fine, Hamilton i nervi se li fa saltare nel momento meno opportuno: alla partenza, quando Alonso gli balza davanti alla prima curva. Ritarda la frenata, finisce larghissimo nella via di fuga, scivola in ottava posizione. Nella foga della rimonta accidentalmente riavvia il sistema elettronico di innesto delle marce, perde altri secondi, sprofonda a quasi un minuto dalla vetta, prima di trovare il reset.

Arriva settimo, non basta a strappare il titolo a Raikkonen. Sempre che il reclamo della McLaren sulle benzine non sovverta l’arrivo.

Intanto, alla televisione inglese papà Anthony sorride: “Fidatevi, non c’è nessun rammarico. Se all’inizio dell’anno mi avessero detto che sarebbe andata così, con questa posizione nel Mondiale, avrei risposto che era un sogno”. Adesso è un incubo.

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